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quando alcuno ne prendeano, crudelmente l’uccideano.
Ma la gran piatà era di quelli eran guasti nel campo: che
co’ piè mozzi li ponieno appiè delle mura, acciò che i lo-
ro padri, fratelli o figlioli li vedessono: e non li poteano
ricevere né aiutare, perché la Signoria non li lasciava, ac-
ciò che gli altri non ne sbigotissono, né non li lasciavano
di sulle mura vedere da’ loro parenti e amici. E così mo-
rivano i buoni cittadini pistolesi, che da’ nimici erano
smozzicati e cacciati verso la loro tribolata e afflitta città.
Molta migliore condizione ebbe Soddoma e Gomor-
ra, e l’altre terre, che profondarono in un punto e mori-
rono gli uomini, che non ebbono i Pistolesi morendo in
così aspre pene. Quanto gli assalì l’ira d’Iddio! Quanti e
quali peccati poteano avere a così repente giudicio?
Quelli che erano all’assedio, di fuori, sosteneano male
assai per lo tenpo cattivo, e per lo male terreno, e per le
spese grandi: e i loro cittadini gravavano forte, e spoglia-
vano i Ghibellini e’ Bianchi di moneta, per modo che
molti ne consumorono.
E per avere moneta ordinorono uno modo molto sot-
tile, che fu una taglia che puosono a’ cittadini, che si
chiamò la Sega. E poneano a’ Ghibellini e a’ Bianchi
tanto per testa il dì; a alcuni lire III, a altri lire II, a chi li-
re I, secondo che parea loro che potesse sopportare: e
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così avea la sua taglia colui che era a’ confini, come chi
era nella città. E a tutti i padri, che aveano figliuoli da
portare arme, feciono certa taglia, se fra dì XX non si
rappresentassono nell’oste. Mandavavi la città a sesti, e a
mute di XX dì in XX dì. E tanto feciono i Fiorentini e’
Lucchesi, che molti loro contadini distrussono, tenen-
doli senza paga; però che erano poveri, e convenìa loro
stare con l’arme allo assedio di Pistoia.
I governatori di Pistoia, che sapeano il segreto della
vittuaglia, sempre la celavano, e a’ forestieri, che servia-
no la terra con arme, ne davano, e agli altri utili uomini,
discretamente, come bisogno n’aveano: perché si vedea-
no venire alla morte per fame.
Quelli che sapeano la strettezza della vittuaglia, avea-
no duri partiti: e il loro pensiero era tenersi fino
all’estremo, e allora dirlo al popolo, e armarsi tutti; co-
me disperati gittarsi co’ ferri in mano adosso a’ nimici, e
«O noi morremo per niente; o forse mancherà loro il
cuore, e nasconderannosi, e gitteransi in fuga o in altri
vili rimedi». E così diliberarono fare, quando al fine del-
la vittuaglia si vedessono venire: e non lasciarono però la
speranza dello scampo loro.
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Gli amici de’ Pistoiesi impetrano dal Pontefice la venuta di un
Cardinale Legato in Toscana, che è Napoleone Orsini. Ciò de-
termina i Neri a trattare con la città; la quale, ridotta agli estre-
mi, si rende a patti, che poi non sono osservati. Sdegno del Le-
gato, che va a Bologna (1306... - aprile).
Significarono i Pistolesi al Cardinale da Prato la loro
miseria, e a altri loro segreti amici di fuori, li quali per
loro procuravano. E tanto feciono, che in Corte fu eletto
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messer Napoleone Orsini cardinale, Legato in Toscana
e nel Patriarcato d’Aquilea: e ciò si fece per soccorrere
Pistoia, come terra di Chiesa. Il quale Cardinale subito
si partì, e fra pochi dì giunse in Lonbardia.
Iddio glorioso, il quale i peccatori batte e gastiga, e in
tutto non li confonde, si mosse a pietà, e mandò nel cuo-
re de’ Fiorentini questo pensiero: «Questo signore ne
viene, e giunto dirà: Questa terra è della Chiesa. E vorrà
entrarvi; e noi verremo a scandolo con la Chiesa». E
pensarono a venire a’ rimedii.
Perchè le cose si temono più da lunge che da presso, e
pensa l’uomo molte cose; sì come quando una forteza o
un castello si fa, molti sono che per diversi pensieri la te-
mono, e poi che è fatta e compiuta, gli animi sono rassi-
curati e niente la temono; così da lunge temerono i Fio-
rentini il Cardinale, e da presso poco il curarono:
benché ragionevolmente temere si dovea, sì per l’alteza
della Chiesa, sì per la sua dignità, e sì perché era grande
in Roma, e sì per la grande amicizia avea di Signori e di
Comuni. E tanto temerono la sua venuta, che disposono
cercare accordo in questo modo.
Che eglino ebbono uno savio e buono frate di Santo
Spirito, il quale mandorono a Pistoia a messer [...] de’
Vergellesi, de’ principali cittadini, assai suo amico. E
parlando con lui, il frate li fece molte promesse speziali
e generali per parte della Signoria di Firenze, profferen-
doli la terra rimarrebbe libera e salda nelle sue belleze, e
le persone salve e le loro castella.
Quando il cavaliere sentì questo, lo manifestò agli
Anziani, i quali, udendo il frate e la balìa avea, conchiu-
sono l’accordo; non sanza volontà di Dio, che le grandi e
piccole cose dispone, e non volle in tutto disfare quella
città. O pietosa clemenzia, come gli conducesti in estre-
mo fine! ché solo uno dì aveano vittuaglia da vivere, e
poi si convenìa la morte per fame palesare a’ cittadini.
Di ciò sia tu, santissima Maestà, in eterno lodata! ché il
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pane che mangiavano i buoni cittadini, i porci l’arebbo-
no sdegnato!
Fatto l’accordo innanzi la venuta del Cardinale, la
porta s’aperse a dì X d’aprile 1306; e tal cittadino vi fu, [ Pobierz całość w formacie PDF ]
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